Camilla Moro

Una Tigre in Giardino - II ED.

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Prima di tutto il grido. Acuto ma anche pastoso, echeggiante. Sprigionato dal ventre di una conchiglia. Sfuggito all'abisso. C'è chi giura di averlo sentito, a metà della notte...


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18/07/1998
Presentazione del libro “Rito di Iniziazione”


Presentazione del libro “Rito di Iniziazione”
Libreria Duomo, Galleria Vittorio Emanuele, Milano, Luglio 1998

Rito di iniziazione non è un romanzo in cui cercare accadimenti, fatti, narrazione in senso classico. Ho lavorato, come nel mio primo libro, sulla vita interiore, che mi pare la Cenerentola della nostra epoca, in cui trionfa, invece, l’apparire.
La mia natura mi porta ad avere più dimestichezza con i sogni che con la realtà. Per scrivere, allora, sono partita da un sogno.
Il sogno di una porta scardinata, di una barriera abbattuta. E’ un sogno che è scritto, nel libro: viene attribuito alla protagonista.
Quel sogno rivelava il mio desiderio e il timore di affrontare le paure legate alla sessualità, al rapporto fra i sessi. Paure ancestrali che tutti ci portiamo dentro.
Come narratrice, mi sono fatta strumento delle voci e dei movimenti dei personaggi per portare alla luce queste paure. Ho inquadrato le stanze dall’esterno, sottolineando soprattutto le atmosfere. Così l’angoscia di Dacia, l’apparente tenerezza di Andrea, la sua rabbia, la sua violenza, la sua disperazione, sono emerse. Si tratta di un uomo e di una donna che non possono darsi amore, che si usano e ne sono in qualche modo consapevoli , o almeno Dacia lo è. La sessualità che la coppia si scambia è la sessualità della disperazione.

I due amanti si rifugiano sotto il piumone per scappare dalle loro vite sbagliate. Non esprimono una sessualità giocosa se non per qualche attimo, sono schiavi di una passione. Intimamente soli, soli restano, non c’è cambiamento se non in Dacia. La loro storia è simile a tante altre storie di trasgressione. Ciò che la rende particolare, diversa, è la presa di coscienza di Dacia, che si avvia verso la maturazione sessuale e sentimentale.

Lei cerca un’iniziazione, quella iniziazione che è concessa alle donne, a volte brutale, a volte violenta. Quella descritta nel libro è un’esperienza estrema che viene elaborata dalla protagonista e utilizzata per cambiare. Tante giovani donne di oggi vivono esperienze simili a quelle di Dacia ma non le utilizzano, non le rielaborano : restano esperienze ripetitive e senza senso, che le allontanano dalla verità della loro sofferenza e dalla possibilità di trovare l’armonia.

Un consiglio, per i lettori. Non lasciatevi abbagliare dal fascino di Dacia, dalla sua bellezza. Non fatevi intrappolare dal solito luogo comune della bella senz’anima. Dacia ha un’interiorità e un’interiorità tormentata. Può sembrare una donna viziata, può sembrare capricciosa.

E’, invece, una donna che sta male, che per rapportarsi con l’uomo è costretta a sedurre. La seduzione di Dacia non è una scelta, è una schiavitù. Se ne libera quando passa dall’avere un corpo ad essere un corpo (nell’ultima scena rivede la sequenza della storia e si sente cambiata) .

Mi sono servita del personaggio di Dacia per far passare attraverso la scrittura un messaggio iniziatico. Non tutti i romanzi lo contengono, è qualcosa che si può incontrare, invece, nelle favola. Possiamo dire allora che Rito di iniziazione è una psicofavola per adulti.

Le favole sono un balsamo, hanno un tale potere!
Non chiedono di fare, di agire. Basta ascoltare. Sono un metodo più antico della psicologia per mettere in moto la vita interiore quando è bloccata.

In questo romanzo il lettore può vivere, assieme allo scrittore iniziato, nel tempo della lettura, una crescita evolutiva verso un nuovo modo della conoscenza e dell’essere. L’iniziazione è questa: il passaggio a un nuovo modo di essere.

La storia inizia con un tam tam. I popoli primitivi dicono che il suono dei tamburi è un richiamo per l’anima. Il tamtam attira il lettore, crea un clima di trance. Immagino che, trasportato dal ritmo della narrazione, venga coinvolto dalla spirale di paura di Dacia e trascinato nell’avventura.
Un altro richiamo è la voce dell’uomo al telefono, da cui inizia il percorso.
Anche i ricordi, paurosi, creano aspettativa.
Poi c’è la solitudine, quella interiore di Dacia e quella dei due amanti. Gli incontri di Dacia e Andrea ricordano la danza rituale tra predatore e preda che si può osservare tra gli animali.
Perché lui, così gentile e tenero, rappresenta per Dacia l’incarnazione del predatore, la rivisitazione dell’uomo nero delle favole. E lei, così scontrosa e fredda, non è che un cerbiatto impaurito. Ma vale anche il contrario: Dacia seduce e punisce, Andrea ne è la vittima.
Gli incontri rituali sembrano non finire mai, il lettore può sentirsi impantanato in uno stagno.
Ma un giorno qualcosa accade, un avvenimento che fa sentire Dacia ancora più invasa e violata e le fa toccare il fondo del malessere, del disagio.
Al culmine della sofferenza le resistenze cadranno, la donna riuscirà a sovrapporre le immagini della realtà alle fantasie profonde. Superato il cerchio di fuoco della paura, della solitudine e della morte, potrà sbloccare la creatività e dipingere l’isola felice della solitudine creativa.

Il messaggio iniziatico è: “Donne, riconoscete , identificate e bandite il predatore dalla vostra psiche”.
“ Uomini, conoscendo le paure della donna interrogatevi sulle realtà delle vostre. Dacia si lascia usare, ma non ama. Non può amare , finché non ama se stessa.

E chi non è riamato, come Andrea, vuol dire che non sa amare.”



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